FIMMG_Incontra a Venezia

Ufficio stampa • 20 maggio 2025

Medici di famiglia: situazione sempre più critica in laguna

È già molto critica la situazione dei medici di famiglia a Venezia e non è destinata a migliorare visto l’imminente pensionamento di un discreto numero di colleghi attivi in centro storico e nelle isole. Per garantire, dunque, l’efficacia e la qualità dei servizi e delle cure sul territorio, per la tutela della salute dei cittadini, bisogna muoversi subito, agire in fretta.

Questo è ciò che è emerso sabato 10 maggio 2025 alla tappa lagunare di FIMMG_Incontra, il progetto itinerante di FIMMG Veneto – che ha già toccato Castelfranco, Vicenza, Noale e Mira – per discutere e ragionare con cittadini, associazioni e amministratori dell’ormai imminente riforma delle cure primarie, purtroppo ancora nebulosa sotto tanti aspetti, tra AFT, ormai in dirittura d’arrivo in Veneto, Case della Comunità, da rendere operative entro giugno 2026, e ruolo unico che assorbe i medici di Medicina Generale e quelli di continuità assistenziale.

Il tutto nel quadro di una trattativa per il rinnovo dell’Accordo Integrativo Regionale (AIR) che, pur partita, stenta a decollare e che il cui cammino si presenta denso di ostacoli.


«Noi crediamo – ha sottolineato il segretario regionale Giuseppe Palmisano introducendo l’incontro – che il Servizio Sanitario Nazionale sia una perla preziosa da difendere, un vanto che tanti ci invidiano e che dobbiamo salvare e rivalorizzare, ripartendo insieme. Non è possibile agire da soli, né noi medici, né le istituzioni. Per questo siamo qui: per un dialogo, un confronto. Chiunque può contribuire con un’idea, un pensiero, una riflessione e far sì che questa importante riorganizzazione sanitaria sia davvero efficace ed efficiente. Noi dobbiamo prenderci a cuore non solo i nostri pazienti, ma anche il futuro della sanità».

Grandi assenti all’incontro i rappresentanti della Regione e dell’azienda Ulss 3 Serenissima, che pure erano stati invitati. «Ci dispiace molto non siano qui – ha aggiunto il dottor Palmisano – perché siamo disponibili al dialogo e lo abbiamo sempre dimostrato. In qualche modo, però, noi teniamo la porta aperta».


Tante, invece, le altre autorità presenti a partire dall’assessore comunale alla Programmazione Sanitaria Simone Venturini, che ha sottolineato come le Case della Comunità «siano la vera sfida», ma anche come ci si sia finora occupati «solo di mattoni più che di servizi e di persone». «Ogni volta poi – ha aggiunto – che qui a Venezia va in pensione un medico di famiglia facciamo gli scongiuri. Diventiamo matti per trovare il sostituto o per aprire ambulatori in qualche zona disagiata che possano diventare un punto d’appoggio per i cittadini. Questa è una città unica, dove non basta il medico al centro a cui tutti convergono: ci sono isole molto distanti e una mobilità lenta e complicata, soprattutto per una popolazione anziana».

Anche Marco Borghi, presidente della Municipalità di Venezia-Murano-Burano, ha ricordato le criticità legate al territorio, le più recenti a Sant’Elena, e come l’adesione all’iniziativa «non sia formale, ma un bisogno sostanziale per trovare le tutele maggiori possibili per il bene comune e i cittadini. Crediamo fermamente che oltre le pietre ci sono gli uomini, sono quelli che fanno la città. E abbiamo bisogno di una sanità vicina, pronta, disponibile».

Grande sostegno al progetto FIMMG_Incontra è arrivato da subito da Andrea Martellato, presidente della Conferenza dei Sindaci dell’Ulss 3 Serenissima che non è voluto mancare a Venezia. «In questo contesto – ha spiegato – si parla di futuro, del futuro dei nostri cittadini che noi amministratori dobbiamo organizzare, dare risposte alle persone. Noi dobbiamo lavorare non tanto per dare un ambulatorio o una Casa della Comunità, quanto per dare un servizio. Dobbiamo darlo al meglio possibile e per farlo dobbiamo sederci tutti quanti attorno a un tavolo, ognuno con le proprie competenze e le proprie criticità, e cercare di risolverle».

È tornato a porre l’accento, invece, sulla popolazione veneziana che invecchia ed è sempre più pluripatologica e sulla conseguente sfida del futuro legata all’aumento e alla gestione della cronicità il presidente dell’OMCeO lagunare e vicepresidente nazionale Giovanni Leoni. «Sarà un problema nel problema – ha detto – trovare una soluzione di tipo organizzativo per dare assistenza sanitaria ai cittadini del centro storico, che sono più vecchi e più malati. E bisognerà far venire dalla terraferma medici che aprano un ambulatorio per vivere e curare le persone qui, nel contesto di un’attività turistica estremamente invasiva e pervasiva, che rende difficile gli spostamenti, le visite, ogni attività».

Si è concentrato, infine, sulle difficoltà nel confronto con la Regione, il segretario di FIMP Veneto Mattia Doria, che ha sottolineato come «ci siano elementi che preoccupano molto: dalle istituzioni sanitarie sentiamo tanto parlare di innovazione. Ci dicono che dobbiamo andare avanti, fare qualcosa di nuovo. A me sembra, invece, che torniamo indietro, almeno di 40 anni. La capillarità è a grave rischio per la Medicina Generale e ancora di più per la pediatria. Ultimo esempio è la strategia assolutamente poco governata delle zone carenti che è stata pensata in Veneto senza tener conto della reale situazione della popolazione. Su questo c’è una posizione unilaterale delle istituzioni che poco o niente concerta con con la medicina del del territorio. Se veramente la medicina convenzionata è uno dei pilastri della sanità pubblica, come tale deve essere affrontata e con la dignità che il ruolo richiede».


Riprendendo i dati del presidente Leoni sulla popolazione sempre più anziana a Venezia, sui bisogni di salute che aumentano e sulla sfida della cronicità, il segretario regionale di FIMMG Veneto Giuseppe Palmisano ha presentato la riorganizzazione delle cure territoriali che vede al centro le AFT, le nuove aggregazioni di medici di famiglia, per mantenere i cardini della Medicina Generale: omogeneità sul territorio, capillarità ed equità di accesso alle cure.

In seconda battuta un ragionamento sulle medicine di gruppo integrate, che in Veneto hanno funzionato bene, ma la cui realizzazione è stata abbandonata perché considerata troppo onerosa, l’approfondimento sulle Case della Comunità e sulla loro distribuzione sul territorio lagunare, comparata con la densità di popolazione e l’indice di vecchiaia dell’area, specificando come «si debba passare dai muri alle persone, dai muri al capitale umano, al personale che ci lavora», e l’analisi di alcune delle criticità di cui soffrono i medici di famiglia nel loro lavoro quotidiano: la scarsa attrattività della professione, gli imminenti pensionamenti e la mancanza di turn over, la carenza di personale di studio adeguatamente formato, i carichi burocratici insostenibili, lo sbilanciamento tra attività lavorativa e vita privata, la mancanza di tempo per l’ascolto del paziente «che è tempo di cura».

«Chiediamo aiuto alle istituzioni – la conclusione del segretario – per trovare soluzioni efficaci e condivise».


Ma come stanno davvero le cose in laguna sul fronte della Medicina Generale? Ad approfondire la realtà lagunare il fiduciario di FIMMG Venezia per l’Ulss 3 Serenissima Cristiano Samueli che, pur abitando a Mestre, si divide tra i suoi 2 ambulatori di Murano e del Lido.

In centro storico sono 5 le medicine di gruppo attive, 3 i medici di famiglia in rete e 11 i colleghi che lavorano da soli: in sostanza 21 professionisti organizzati e 20 singoli. Dunque la metà dei medici di Medicina Generale lavora da solo. «Già questo dato – ha sottolineato il dottor Samueli – deve far riflettere, ma ce n’è un altro ancora più importante: sono una ventina i medici di famiglia nel territorio dell’Ulss 3 Serenissima che andranno in pensione a breve, di cui 4 proprio a Venezia termineranno l’attività a fine settembre. Se sono 41 i colleghi attualmente in servizio, se ne andrà in pensione presto il 10%. Per coprire il reale fabbisogno di Venezia centro storico, Murano, Burano, Lido e Pellestrina ne servirebbero 26».

E le future Case della Comunità difficilmente risolveranno il problema del cittadino che rischia di restare senza il proprio medico perché saranno solo 2, una a Venezia e una al Lido, quelle che apriranno entro l’estate 2026 e , senza la possibilità di muoversi in auto, saranno più difficilmente raggiungibili soprattutto dai pazienti anziani e fragili. «Se da Murano – ha aggiunto – o dalla Giudecca devo andare alla Casa della Comunità di Venezia, che è all’Ospedale Civile, ci metto ben più di un quarto d’ora nonostante in linea d’aria siamo a un chilometro di distanza. Su questi tempi di percorrenza, dunque, si sarebbe dovuto ragionare in maniera un po’ diversa».

Da qui l’idea di affrontare con l’azienda sanitaria un ragionamento per attivare un progetto sperimentale, a partire dalle AFT, in alcuni territori particolari tra cui il Lido, dove sono oggi operativi 12 medici di Medicina Generale, con l’obiettivo di non “bruciare” le Case della Comunità con richieste poco coerenti e inappropriate, trasformandole in mini pronto soccorso.

Un percorso, però, che a un certo punto si è bloccato sulla presenza degli specialisti nelle Case della Comunità, come peraltro previsto dalle norme e il cui apporto è fondamentale per i medici di famiglia, e su cui la risposta dell’azienda sanitaria è stata debole. «Noi crediamo tantissimo – la riflessione di Samueli – nelle nuove strutture: sono importanti ma devono essere gestite nel modo giusto. E soprattutto devono essere tutelati i colleghi che ci lavoreranno dentro».


A definire poi il contesto nazionale su cui si sta muovendo la riforma delle cure territoriali è stato il segretario di FIMMG nazionale Silvestro Scotti, che nella sua analisi è partito da un dato di fatto: per realizzare l’innovazione del servizio sanitario Venezia potrebbe essere un caso di scuola, proprio per la sua conformazione territoriale, per la difficoltà degli spostamenti, per la densità della popolazione, per le difficoltà di accesso ai servizi.

«Le Case della Comunità – ha poi aggiunto – non sono sostitutive dell’attività dei medici di famiglia, ma integrative. Sono l’innovazione che dovrebbe implementare la risposta al cittadino rispetto al bisogno di cure. Io vorrei una Casa di Comunità in cui posso andare con il mio paziente e trovare lo specialista di riferimento. Per prendere non solo in carico quel cittadino, ma anche per prendermelo a cuore».

Dal segretario Scotti anche il racconto di quanto succede quotidianamente nella sua vita professionale di medico di famiglia a Bagnoli. «È come essere – ha detto – un medico di paese. Se io scendo per strada o vado a fare la spesa, e credo succeda anche qui, il paziente mi ferma, mi parla. C’è una continuità nel prendersi a cuore l’assistito, legato al vero concetto di comunità. Credo che le nuove strutture ci potranno aiutare per dare un’offerta migliore alla popolazione, ma deve essere un’offerta che abbia un coefficiente di intensità assistenziale maggiore rispetto a quello che posso dare io. Se la mia utilità nella Casa di Comunità è trasferire lì le mie attività ordinarie, dov’è la convenienza?».

A contraddistinguere, dunque, le nuove strutture dovranno essere l’organizzazione dell’équipe e del personale, il collegamento con le centrali operative territoriali, il confronto con gli specialisti nell’ottica di  una vera attività di prevenzione primaria e secondaria delle patologie croniche. «Quando mi chiedono – ha concluso poi Scotti – quante ore voglio fare nella Casa della Comunità, io rispondo sempre che non voglio fare ore, voglio dedicare a questo specifico paziente il tempo che è utile al suo bisogno».


Un ampio spazio dell’incontro è stato, infine, dedicato alla discussione con i partecipanti, a cui sono intervenuti tanti rappresentanti delle associazioni e del terzo settore:

  • Martina Bosco, referente di CittadinanzAttiva per Mestre e Venezia, ha illustrato le problematiche più evidenti che i cittadini espongono ai loro sportelli, primi fra tutti la reperibilità del medico di famiglia e il suo limitato ascolto del paziente;
  • Giovanni Alliata di Montereale, presidente del Rotary Club Venezia, ma anche dell’AIL lagunare (Associazione Italiana contro le Leucemie), che ha sottolineato come quello dei medici di famiglia, sia «uno snodo essenziale nel sistema sanitario in questo Paese» e come sia «una fortuna che ci siano», per spiegare poi, però, come una criticità sia rappresentata dall’assistenza domiciliare, determinante per il bene del paziente, e dalla scarsa interazione tra professionisti sul territorio e colleghi ospedalieri;
  • Salvatore Lihard, portavoce del Movimento per la Difesa della Sanità pubblica veneziana, residente al Lido da 40 anni, che ha denunciato come ci si trovi oggi «davanti a un lento e progressivo smantellamento della sanità pubblica e quindi inserire la Medicina Generale territoriale in questo contesto è impresa ardua e difficile per tanti motivi», a partire dalla mancata programmazione e pianificazione a ogni livello, e come sia necessario ricostruire una vera empatia tra l’assistito e il medico di famiglia;
  • i rappresentanti di AVAPO, che hanno declinato le forze della loro associazione in campo in un territorio particolare come quello lagunare e che hanno auspicato una sempre maggiore conoscenza della loro attività da parte dei medici di Medicina Generale per aiutare i pazienti oncologici sul fronte dei loro diritti.


In sala San Leonardo anche quasi tutti i segretari provinciali FIMMG degli altri territori veneti – la vicesegretaria regionale e guida di Treviso Ilaria Barcati, Bruna Stocchiero di Vicenza, Francesco Noce di Rovigo, Claudio Salvatore di Verona e il neoeletto Fulvio De Pasqual alla guida di Belluno – che hanno ribadito:

  • la necessità di tutelare una sanità pubblica equa, universale e solidale;
  • l’impegno e la fatica del dialogo con la Regione per arrivare a siglare l’accordo integrativo (AIR);
  • la fondamentale importanza del dialogo con i cittadini e gli amministratori su una riforma ai più ancora sconosciuta;
  • l’urgenza di rassicurare le giovani leve e di far tornare attrattiva la professione;
  • l’aumento sconsiderato di attori privati nel settore sanitario e l’esborso, tra i più cari in Europa, da parte dei cittadini di denaro proprio per le cure;
  • il no alla dipendenza per i medici di famiglia, che andrebbe a minare da un lato la loro autonomia, dall’altro il rapporto di fiducia con il paziente;
  • la carenza di camici bianchi sul territorio, destinata ad aumentare con gli imminenti pensionamenti.


«Questi temi – la conclusione del segretario Giuseppe Palmisano – sono fondamentali e fondamentali sono anche il dialogo e la partecipazione. Perché riforme così importanti che riguardano tutti non possono essere calate dall’alto, sopra le nostre teste. Devono essere discusse e condivise. Una cosa è certa: AFT e Case della Comunità devono funzionare, ma lo faranno solo se dentro ci saranno servizi veri a misura di cittadino».

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